Lettera interamente autografa e firmata da Giosuè Carducci, celebre poeta italiano e vincitore del Premio Nobel per la Letteratura.
All'interno della lettera, scritta da Faenza il 6 marzo 1862, Carducci commenta il precario stato di salute del celebre amico Giuseppe Torquato Gargani, da tempo malato di tisi a causa della spedizione del 1860 in Sicilia con Garibaldi (Gargani aveva partecipato alla celebre spedizione dei Mille e allo sbarco a Marsala).
Il poeta condivide con una signora (non specificata) alcune informazioni circa le condizioni del Gargani: "il miglioramento del processo morboso continua, ma continua anche l'eccitazione nervosa, il delirio, un po' di febbre: continua il non prostramento delle forze: si potrebbe dire che la malattia; entrata nella seconda settimana (stato critico) ..."
Sicuramente Carducci non credeva che 23 giorni dopo (29 marzo 1862), dopo quasi un mese di agonia, Giuseppe Torquato Gargani sarebbe deceduto a causa della malattia contratta.
La mancanza dell'amico Gargani creò nel poeta un grande vuoto, che sarebbe rimasto per sempre nel cuore del poeta.
Tale fu l'attaccamento che Carducci che gli dedicò un un necrologio, scritto a Firenze un mese dopo la sua morte e due stanze in due opere: Le risorse di San Miniato e in Congedo dei Levia Gravia.