Copiosa lettera interamente autografa e firmata di Giovanni Verga celebre scrittore, drammaturgo e senatore italiano, considerato il maggior esponente della corrente letteraria del Verismo. Lo scrittore si occupò anche di teatro, sceneggiando alcune sue novelle di cui la più famosa è Cavalleria rusticana, musicata in seguito da Pietro Mascagni. Verga divenne Senatore del Regno d'Italia nel 1920 su nomina del Re Vittorio Emanuele III.
Lettera redatta a Catania il 10 giugno 1896 indirizzata presumibilmente all'editore musicale, il Commendatore Giulio Ricordi.
Interessante lettera tutta relativa al progetto - poi non realizzato - di musicare il dramma verghiano "La Lupa" da parte di Giacomo Puccini.
In essa il Verga si lamenta del mancato assolvimento dell'impegno del musicista toscano il quale, prima entusiasta, abbandonò poi quel progetto perchè riteneva il soggetto de "La Lupa" troppo truce e sensuale e pensava che gli potesse portare sfortuna. Verga è particolarmente dispiaciuto del fatto che il comportamento del Puccini gli abbia impedito per molto tempo di cedere alle richieste mosse da altri musicisti. "Però il Puccini, allorchè il M. Franchetti mostrò il desiderio di musicare lui il libretto, non volle cederlo assolutamente, dicendo <Questo è mio, non lo lascio! >". Più tardi, quando dai giornali si seppe che il Mascagni aveva preso impegno di scrivere un'opera per la sua Casa, Puccini venne a cercarmi subito il giorno dopo in tutta fretta, protestando con gran premura di rimettersi a scrivere La Lupa e chiedendomi dei mutamenti.
E Verga fece fare i mutamenti al librettista, il De Roberto; e sembrava che ancora Puccini fosse molto interessato all'impresa, tant'è che "< (...) venne Puccini stesso quì in Sicilia appositamente, si lavorò insieme, e si stampò il lavoro con le sue correzioni (...). Tutti sapevano che Puccini avrebbe musicato La Lupa e ciò soltanto a danno mio perchè (...) il Puccini non faceva che sequestrarmi il lavoro>.
Tutto ciò portò certamente un grave danno al Verga. "Lascio ora lei giudicare di tutto questo, e del danno che me ne viene, non solo, ma dell'imbarazzo in cui mi trovo, anche di fronte al mio conterraneo De Roberto il quale, soltanto per l'assicurazione mia e del Puccini si decise a tornare a lavorare nel libretti e rifarne i versi".
Si scoprì poi che Puccini confessò a Ricordi di avere parecchi dubbi sulla La Lupa: non voleva accantonare nessun progetto, ma il soggetto di Verga non faceva evidentemente per lui, come spiegato nel viaggio di ritorno alla contessa Blandine Gravina. Il musicista toscano la ascoltò disapprovare lo scioglimento del dramma, vale a dire l’uccisione della protagonista nel corso di una processione. Verga iniziò a sospettare che Puccini lo prendesse in giro, ma attese ben diciassette anni che la sua novella fosse messa in musica, prima di puntare su altri autori.
L’amarezza dello scrittore siculo era più che palpabile, un sentimento che sfocerà in breve tempo in rassegnazione. Bisogna però sottolineare come il tempo perso con La lupa non fu inutile e sprecato in senso assoluto. In effetti, Puccini si ispirò a questi abbozzi per comporre il tema di Rodolfo nella Bohème, mentre altre idee e spunti furono sfruttati in seguito per la "Tosca".
Soltanto nel 1948, la novella verghiana diventò un’opera, grazie a Santo Santonocito, il quale si avvalse del libretto di Vincenzo De Simone.
Lettera di elevatissimo interesse e di grande rarità.