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Lettera interamente autografa e firmata di Giovanni Amendola, celebre politico e giornalista italiano prematuramente scomparso a causa dell’attentato subito a soli 44 anni per le sue ideologie antifasciste.
La lettera, datata Roma, 21 novembre 1925 e redatta su carta intestata della Camera dei Deputati indirizzata a Dino Philipson, è da considerarsi estremamente rara e di grandissimo interesse visti i temi trattati: vengono infatti descritte, con forte scetticismo, le decisioni prese circa l’attentato subito da Benito Mussolini nel novembre del 1925 ed addirittura ne contesta il suo reale svolgimento.
Le fonti storiche giunte fino a noi ci informano che il primo attentato al Duce fu ideato il 4 novembre 1925 dal deputato social-unitario Tito Zaniboni e dal generale Luigi Capello. Zaniboni avrebbe dovuto far fuoco con un fucile di precisione austriaco, uno Steyr-Mannlicher M1895, da una finestra dell'albergo Dragoni, fronteggiante il balcone di Palazzo Chigi, da cui si sarebbe dovuto affacciare il Duce per celebrare l'anniversario della vittoria. Zaniboni non sapeva che del suo gruppo faceva parte un informatore della polizia (tale Carlo Quaglia), e che quindi tutte le sue mosse erano state fino a quel momento sorvegliate dal questore Giuseppe Dosi.
Amendola però non è così sicuro che la stampa e le cronache dell’epoca riportino fatti fedelmente ed arriva perfino ad ipotizzare una vera e propria montatura durante l’attentato. Queste sono le sue parole:
“Gli sforzi che il nostro paterno Governo compie per “montare” il complotto o le complicità nell’”attentato” che non ci fu (ma doveva essere? Finora lo sappiamo perché lo afferma la polizia appoggiata da due egregie testimonianze: Il Sig. Quaglia, suo confidente, e lo chauffeur di Zaniboni, agente di P.S. …) non riescono, a quanto sembra, a concludere un bel nulla: come è naturale la mia impressione, sebbene tutto ciò si svolga nel massimo segreto è che siccome non c’è stato nulla, non riusciranno a fabbricare un bel nulla.
La lettera prosegue poi con altre informazioni circa le pressioni che si percepiscono ad oggi in Italia a causa del governo fascista ed informa che sarebbe opportuno che il Journal francese, riportasse notizie più veritiere rispetto a quelle censurate o faziose del governo.
"…così tu hai visto la perquisizione e l’interrogatorio a Bencivenga (Roberto, noto antifascista e sorvegliato politico) come tu hai avuto la perquisizione alle Fontane. Basta che un qualunque intrepido starnuti, perché chiunque… non solo agli arbirtrii della polizia, ma altresì -che è peggio - alle possibile conseguenze dell’artificiosa montatura dei cani fascisti.”
Amendola non si risparmia neanche successivamente alla critica verso il governo in particolar modo durante la visita del Duce a Parma:
“…Il sig. Lucas va in estasi di fronte alle accoglienze a Parma al Duce. Per quelle accoglienze furono arrestati il giorno precedente, ottocento antifascisti e furono importati migliaia di applauditori dalle campagne dei paesi vicini…”
Amendola termina poi con un P.s. molto importante, che rivela il nuovo indirizzo dell’esiliato Gaetano Salvemini, importantissimo politico, storico e antifascista fuggito in Francia a seguito delle pressioni del governo. “Salvemini dovrebbe essere costì, Rue Madame 44 Paris (VI).
Giovanni Amendola morì pochi mesi dopo la compilazione della lettera, probabilmente a causa delle ferite riportate -e non correttamente curate- dall’attentato subito da alcuni squadristi nel celebre attentato di Pieve a Nievole che lo vide tristemente protagonista.
Lettera di estrema rarità.
Codice articolo: AST1023i
Data articolo: 21/11/1925
Pagine: 4
Pagine manoscritte: 4
Condizioni: Ottime
Dimensioni: 20.8x13.5